Un'antica e famosa famiglia di liutai calabresi
An ancient and famous family of Calabrian luthiers
Riteniamo importante ospitare in questo sito una pagina dedicata alla famiglia dei liutai De Bonis di Bisignano -CS- in quanto hanno rappresentato in maniera illustre la nostra regione nell'ambito artigianale e musicale. Abbiamo conosciuto personalmente, nel 1978, Vincenzo De Bonis scomparso recentemente (dicembre 2013), e ne abbiamo potuto apprezzare le qualità umane e le capacità professionali. Queste poche citazioni vogliono essere un nostro modesto omaggio all'arte sua e della sua famiglia.
Riportiamo qui integralmente, indirizzato specialmente ai più giovani, un bell'articolo a firma di Lia Sogri pubblicato oltre quaranta anni fa da Luigi Grisolia su CALABRIA ILLUSTRATA ANNI 70 - RASSEGNA DI INFORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE ANNO I N.1-2 1972-73 EDISUD ROMA -
Tesori di Calabria
La bottega dei De Bonis, liutai da padre in figlio
di Lia Sogri
Bisignano, popoloso centro agricolo che dall'alto di uno sperone guarda la valle del Crati, è celebre nella regione per l'attività artigianale, che nel passato prosperò principalmente con manifestazioni di scultura sacra (pulpiti, stalli corali, leggii, altari lignei).
Agli intagliatori in legno si sono sostituiti, via via, numerosi lavoratori della creta e, in particolare, i vasai, oggi produttori in larga scala.
Ma la celebrità attuale dell'artigianato discende specialmente dalla liuteria, da una secolare bottega di liutai, in cui opera di generazione in generazione una stessa famiglia, la famiglia De Bonis.
"Nell'ItaIienische Geigenbauer, l'almanacco di Ghota dei liutai, - scrive Giuseppe Grazzini in Epoca (12 febbraio 1961) - si parla dei De Bonis come di una dinastia. C'è un Francesco I, un Francesco II, un terzo, un quarto, come ci sono i Giacinto, i Michele, i Nicola, i Vincenzo, i Rosario, variamente alternati come i rami di un albero genealogico imperiale. Sono secoli di storia, la storia di una Calabria segreta e inattesa, quella della musica. La storia di una bottega dove con gli stessi scalpelli, le stesse forme, gli stessi legni, soprattutto con lo stesso amore, qualcuno ripete ogni giorno il miracolo di creare uno strumento vivo. Violini, chitarre, mandolini, ukulele, tutto nasce in questa bottega in modelli identici da secoli. I nipoti diventano padri, poi nonni, poi se ne vanno vedendo che gli ultimi nati sono già pronti a prendere il posto lasciato vuoto, per continuare quel lavoro che non deve finire mai.
Nella bottega dei De Bonis s'incontra l'immagine di Giuseppe Verdi come quella di un amico importante, andato a Roma per qualche giorno. ll senso del tempo non esiste più. Potrebbe accadere veramente che la porta si aprisse e che Verdi entrasse a chiedere un violino. È già accaduto una volta, del resto. Così com'è accaduto per tanti altri musicisti. Era sempre la stessa bottega, era sempre un De Bonis a dire di si, che avrebbe fatto del suo meglio per accontentare quel cliente così illustre. Con la stessa modestia, virtù così rara, ieri come oggi".
Nella bottega dei De Bonis le specialità sono i violini e i mandolini ad arpa, le chitarre da concerto e le - chitarre battenti -, ll laboratorio, per chi lo visita, sembra un groviglio di legni, ossi, vernici, colle, arnesi, colori. Ma per i De Bonis tutto è al giusto posto, nulla è in disordine; essi sanno ritrovare a occhi chiusi l'abete per i piani armonici, l'ebano per le tastiere, l'acero venato e moreggiato o il palissandro per le casse armoniche o per i manici, le costole e gli ossi di bue per le filettature o per gl'intarsi o per le bocche. È un ordinato disordine, come sanno vedere e volere gli artisti.
Per costruire e rifinire un buon violino, i De Bonis impiegano non meno di cinque mesi, tempo necessario anche per una soddisfacente essiccazione della colla e della vernice. A loro parere, un'operazione tra le più delicate è quella del taglio degli effe sul coperchio di uno strumento. Tant'è vero che Niccolò Amati (1595-1684), proprio aumentandone la sagoma in confronto con i modelli precedenti, diede maggior soavità alla voce dei suoi violini. Molto importante, inoltre, è la scelta dei legni, dei quali va considerata la compattezza fibrosa e, più ancora, la stagionatura, l'età dell'acero, ad esempio, si aggira sui dieci-quindici anni, mai meno.
Particolarmente accurate sono l'applicazione delle colle e la verniciatura. Senza quest'ultima, il suono di un violino si altera dopo quindici-venti anni dalla sua nascita, perdendo purezza.
L'esistenza del violino, comunque, ha tante incognite, di cui alcune, tra le piccole e poco conosciute, sono attribuite a due - pezzetti di legno - di pino, incollati dentro lo strumento: una minu scola asta (la "catena"), della lunghezza di una trentina di centimetri, sistemata sulla parte interna del coperchio, e un più minuscolo cilindro (l'«anima»), di sei-sette millimetri diametrali, collocato tra il coperchio e il fondo. Questi elementi non molto visibili, oltre che alla loro funzione meccanica, hanno un'influenza così intima sul rendimento sonoro, che travagliarono persino Antonio Stradivari (1643-1737) nel determinarne qualità, invecchiamento, forma, dimensioni, posizione.
Sta di fatto che un ottimo violino nasce da tutta una fusione di complicati adattamenti, d'inafferrabili accorgimenti, la cui formula sfugge alla tecnologia pura e semplice, perché si realizza anche con l'intuizione, col genio del liutaio. Al riguardo si racconta che Andrea Amati (1500) vagò nella foresta del Tirolo in cerca di pini di media età, percuotendone i tronchi con mazze di legno per poterne ascoltare le vibrazioni interne, quelle vibrazioni che egli sarebbe poi riuscito a perpetuare nei fondi dei suoi strumenti. Si narra pure che egli ricavò coperchi di acero da remi di antiche galere perdute dai turchi.
Sta di fatto, insomma, che nessun manuale ha mai saputo presentare dettagliatamente la chiave della combinazione segreta, nessun liutaio ha mai potuto perfezionare più degli Amati, degli Stradivari e dei Guarnieri la voce dei violini. E ciò, forse, non è accaduto per nessun altro prodotto dell'uomo, sia della sua arte, sia della sua scienza. Un liutaio può valersi di non poche regole scientifiche, tecniche e estetiche per la fattura di un violino, e attenendosi soltanto a quelle può produrre appena uno strumento commerciale. Ma per creare un modello di pregio gli serve istinto, talento, fantasia, esperienza, e queste prerogative non sono previste da alcun trattato.
L'esperienza, evidentemente, è l'ultimo segreto nella successione gerarchica delle qualità necessarie a chi fabbrica strumenti musicali, ma è il primo assoluto, con tutta probabilità, per grado di importanza. E questo segreto, per i De Bonis. è ereditabile dai figli dei loro figli, e basta, come un lascito spirituale inestinguibile, perpetuo. Così comandarono i padri dei loro padri nei secoli, e quel comando è inviolabile. È legge. Una legge che continua a sopravvivere miracolosamente alle pressioni del pragmatismo contemporaneo: la legge morale.
Lia Sogri
Tarantella composta dal maestro liutaio Nicola De Bonis (1918 - 1978) di Bisignano ed eseguita dai maestri Cataldo Perri e Peppino Donnici in occasione della rassegna "La battente nei luoghi della Memoria" svoltasi sabato 19 luglio 2008 nella città di Cariati (Cs)
 
 
TGR Calabria Addio al Maestro Vincenzo De Bonis 02/12/2013
 
RAI UNO Rosalba De Bonis l'erede dei De Bonis
A Rosalba De Bonis, rappresentante della continuità nella tradizione liutaria di Bisignano, facciamo i nostri migliori auguri per le più grandi affermazioni professionali.